Tre giorni dopo la Strage di Piazza Fontana, l’anarchico Giuseppe Pinelli precipita dalla Questura di Milano. Era in stato di fermo per la Strage di Piazza Fontana.
Il 15 dicembre 1969, a tre giorni dalla Strage di Piazza Fontana, muore Giuseppe Pinelli. Fin da subito, la tragica fine del 41enne alimenta molti dubbi e rimarrà per sempre tra i grandi misteri d’Italia, anche dopo la sentenza del processo.
La Strage di Piazza Fontana
Il 12 dicembre, poco dopo le 16.30, un ordigno composto da sette chili di tritolo esplode dentro la Banca Nazionale dell’Agricoltura, a Milano. E’ la Strage di Piazza Fontana, quella che segna l’inizio della cosiddetta “strategia della tensione” e che porta l’Italia verso gli Anni di piombo. La bomba provoca 17 morti e 88 feriti.
La pista anarchica
La sera stessa della strage la polizia fermò 84 sospetti, tra cui Giuseppe Pinelli, invitato dal commissario Calabresi a precedere la volante della polizia in questura con il suo motorino per accertamenti. All’inizio gli inquirenti battono la pista anarchica.
La morte di Giuseppe Pinelli
Tre giorni dopo, il 15 dicembre, Giuseppe Pinelli si trovava ancora nel palazzo della questura di Milano. Erano abbondantemente scadute le 48 ore e il fermo era diventato illegale in quanto non convalidato dal magistrato. Durante un interrogatorio da parte di Antonino Allegra (responsabile dell’Ufficio politico della questura) e del commissario Calabresi, in presenza di quattro agenti della polizia in forza all’Ufficio Politico (Vito Panessa, Giuseppe Caracuta, Carlo Mainardi, Pietro Mucilli) e del tenente dei carabinieri (nonché agente del Sisdi) Savino Lograno, il fermato precipitò dalla finestra dell’ufficio al quarto piano della questura in un’aiuola sottostante.